Electrokinetic Remediation, Elettrocinesi, Electrochemic al Stabilization | Istituto Giordano
Giuseppe Persano Adorno
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Electrokinetic Remediation, Elettrocinesi, Electrochemic al Stabilization

L’Electrokinetic Remediation, conosciuta anche come Electroreclamation, Electrochemical Decontamination ed Elettrocinesi, si basa sull’applicazione di una corrente continua, dell’ordine di 0,5-3 mA/cm2o 1-2 V/cm, ad un mezzo conduttore, quale suolo, fanghi o ceneri umide.
Solitamente, contenuti minimi di acqua (10 %) e basse solubilità consentono efficienze di rimozioni importanti.

Sulla superficie delle particelle di suolo si genera spesso una carica netta negativa, per cui, in presenza di acqua, i cationi mobili che cercano di neutralizzarla, tendono ad adsorbirsi e concentrarsi nello strato prossimo alla superficie, creando così il “doppio strato diffuso”. E’ dunque attraverso questo strato diffuso (acqua capillare) che avvengono il passaggio di corrente e la seguente migrazione ionica. L’effetto detossificante è inoltre influenzato in vario modo dai cambiamenti del pH, dal potenziale re-dox, dalla concentrazione, varietà e valenza degli inquinanti, da fenomeni di adsorbimento/desorbimento, precipitazione ed altro ancora.

Ma, i principali fenomeni, schematizzati in figura 1, possono essere così riassunti:
  • elettromigrazione: spostamento di cationi (ioni con carica positiva, quali Metalli Pesanti ed Alcalino-Terrosi) ed anioni (ioni a carica negativa, come Cloruri, Nitrati) verso l’elettrodo di carica opposta;
  • elettroosmosi: flusso di acqua indotto dal momento di trascinamento dei cationi, che, concentrati alle pareti di un ipotetico tubo (capillare), muovono in massa verso il catodo. In realtà il flusso elettrosmotico non sempre è diretto verso il catodo, subendo spesso delle variazioni di intensità e direzione al variare del pH, per il seguente cambio dello stato di carica superficiale nella particella di suolo. Questo fenomeno è spesso usato nelle opere di ingegneria civile per deumidificare pareti di edifici, anche se alcune reazioni indotte dal campo elettrico, se non opportunamente previste e dimensionate, possono indurre l’infragilimento nella struttura ferrosa del muro stesso;
  • elettroforesi: flusso di particelle polari o generalmente cariche, come corpuscoli argillosi, acidi fulvici ed umici e colloidi, che seppur con moto lento, migrano verso il contro-elettrodo;
  • elettrolisi dell’acqua: reazioni di ossidazione (1) e riduzione (2) dell’acqua, che generano un fronte acido ed uno basico, rispettivamente all’anodo ed al catodo. Questi, migrando verso l’elettrodo di carica opposta, tendono a modificare il pH originale del suolo/rifiuto e la seguente disponibilità di inquinanti, specie per i metalli pesanti. Solitamente l’acidificazione controllata contribuisce positivamente, mentre il flusso basico limita il processo facendo precipitare i metalli nelle vicinanze del catodo sotto forma di idrossidi, creando inoltre una zona di bassa conducibilità, che finisce per ostacolare il normale flusso elettrico. Al fine di controllare il pH, si opera spesso con aggiunta di tamponi o altri agenti “enhancing”, che vanno a influenzare decisamente il costo della bonifica.

 Fig.1. Schema generico del Trattamento di Stabilizzazione Elettrocinetica (EKS)

Nel caso particolare delle scorie da termovalorizzazione, attraverso l’uso di membrane a scambio cationico e/o tamponi acidi, si riesce ad evitare agevolmente questo fenomeno di interruzione del processo.

Tuttavia, la necessità di abbreviare tempi di trattamento, troppo lunghi per un impianto di gestione rifiuti (tra 5 e 10 giorni), ha portato allo sviluppo della Stabilizzazione Elettrochimica (EKS). In questo senso, si è cercato di combinare l’elettrocinesi con la stabilizzazione chimica dei metalli mediante precipitazione di fosfati insolubili. Generalmente, il trattamento di fosfatazione viene applicato per inertizzare suoli o rifiuti contaminati da metalli pesanti bivalenti, come Rame, Cadmio, Piombo e Bario, attraverso l’aggiunta/miscelazione di (Ca)5(PO4)3 (Cl,OH,F), H3PO4 o in genere fosfati solubili.

Per far avvenire il contatto tra i metalli e gli anioni fosfato, durante il trattamento EKS, una soluzione di acido fosforico è usata al catodo come tampone per gli OH- e come fonte di anioni fosfato, che, generatisi dall’elettrolisi, vengono attratti dall’elettrodo di carica opposta attraversando così il letto di cenere. I cationi dei metalli pesanti, che migrano in controcorrente, incontrano dunque gli anioni fosfato, precipitando in forme insolubili.
Allo stesso tempo, i cloruri migrano verso l’anodo ossidandosi a cloro gas e uscendo definitivamente dal letto di cenere. Un ulteriore effetto stabilizzante per le scorie è indotto dall’abbassamento del pH da 12,2 a valori prossimi a 10, per via dei protoni generati all’anodo. Come noto la lisciviazione di Pb, Cu, Zn, e altri metalli presenta un tipico andamento a V, con minimi per valori di pH compresi tra 8-10.